2 Aprile 2024

Mindfulness: meditazione contro il declino cognitivo

L’aspettativa di vita è in costante aumento nei paesi sviluppati grazie ai progressi medici, igienici e socio-economici. Purtroppo però una vita più lunga spesso è associata a crescenti fattori di rischio per le malattie associate a condizioni sociali (isolamento, maltrattamento) e malattie neurodegenerative. Anche l’invecchiamento normale è associato a un declino cognitivo che può ostacolare l’indipendenza e la qualità della vita degli anziani. Pertanto, una delle principali sfide sociali è quella di costruire politiche che supportino le persone di tutte le età a mantenere la massima salute e capacità funzionale per tutta la vita. La meditazione potrebbe essere un intervento promettente nel contrastare gli effetti negativi dell’invecchiamento. In effetti, è stato dimostrato che migliora l’efficienza cognitiva in diversi settori, come l’attenzione e le funzioni esecutive nei giovani adulti. Tuttavia, se questi effetti si estendono ai soggetti anziani è ancora oggetto di dibattito. Alcuni studi hanno riportato risultati incoraggianti in una vasta gamma di funzioni cognitive come: attenzione, funzioni esecutive e memoria. Nonostante ciò una conclusione univoca sul ruolo causale della meditazione e sulla generalizzazione di questi risultati è resa difficile a causa di diversi limiti metodologici. (1)

In vari studi emerge che la meditazione di mindfulness non solo aumenta la riserva cognitiva ma migliora anche le capacità attentive.

Esistono prove secondo cui la meditazione può essere in grado di compensare il declino cognitivo legato all’età e forse anche di aumentare le capacità cognitive negli adulti più anziani.

Da studi di RMI emerge che i meditatori esperti hanno un volume maggiore di materia grigia e migliori prestazioni cognitive, (2) pertanto, la meditazione potrebbe essere un trattamento aggiuntivo. Per esempio, nei pazienti con morbo di Parkinson, alcuni dei deficit cognitivi possono essere attribuiti a un volume ridotto dell’ippocampo e la pratica della meditazione può svolgere un ruolo terapeutico insieme alla terapia standard, poiché la meditazione migliora il volume dell’ippocampo bilaterale. (3)

I diversi stili di meditazione aumentano inoltre l’attività funzionale e la connettività della corteccia prefrontale migliorando le funzioni ad essa associate come: attenzione, memoria di lavoro, controllo cognitivo, controllo esecutivo, regolazione delle emozioni, consapevolezza di sé e compassione. Questi aspetti migliorano il benessere generale nei pazienti con demenza e nei loro familiari che se ne prendono cura. Infatti l’aumento complessivo della connettività funzionale e dell’attività della corteccia prefrontale può spiegare la diminuzione dell’ansia, della depressione, dello stress percepito, delle emozioni negative nei meditatori. (4)

Sebbene ci siano prove dell’efficacia delle meditazioni sui processi cognitivi, i vari tipi di meditazione utilizzati e i campioni poco rappresentativi ci invitano ad approfondire l’argomento con studi futuri.

 

Referenze

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